Gennaio 28 2021

Verità allo specchio

Lo specchio di quale verità?

Fashion Avenue Academy ha deciso di pubblicare un lavoro progettuale non solo interessante dal punto di vista della realizzazione ma estremamente sofisticato nella sua complessità d’analisi realizzato dalla studentessa Giulia Marangoni di cui vi riportiamo l’intervista.

Ciao Giulia, prima di tutto vorremmo che ti presentassi…

Mi chiamo Giulia Marangoni, ho 25 anni, sono Veneta e attualmente vivo a Milano. Dopo aver terminato gli studi superiori in estetica, ho frequentato l’Accademia Nazionale del Cinema e successivamente ho deciso di iscrivermi al corso annuale di Fashion Avenue Academy.

Il titolo del progetto che stiamo presentando ai nostri lettori è “Verità distorta”! Hai dato al tuo lavoro un titolo forte e d’impatto. Vuoi raccontarci come e quando è nata l’idea?

L’idea di questo progetto è nata da una lezione di Processo Creativo con le insegnanti Silvia Bellu e Marina Magoni. Il primo step è stato quello di trovare un filo conduttore fra i concetti scelti, sviluppando una ricerca sensoriale emotiva per colori, immagini e parole e destrutturandoli dalla definizione comune per trovare delle nuove chiavi interpretative.

Il fulcro del mio operato è stata una ricerca sulla parola “Verità” e “Non Verità”, mi sono chiesta quale fosse il suo valore, se fosse universalmente riconosciuta come tale in qualsiasi ambiente lavorativo e sociale e ho quindi deciso di intervistare diverse persone per avere punti di vista differenti a riguardo.

Un lavoro di ricerca introspettiva, dove però non ti sei soffermata solo su un tuo punto di vista ma ti sei spinta oltre e che risposte hai ottenuto?

Dalle interviste sono usciti termini affascinanti come “trasparenza”, “nero e bianco” “corda”, “vetro”, “plastica” e molte altre che hanno fondato le basi del mio progetto.

Il primo dato certo che ho notato è stato quello di riconoscere un’assoluta soggettività sulla parola “Verità” perché ognuno di noi la percepisce in modo unico e personale.

Mi sono chiesta quindi quale fosse il primo strumento che usiamo per analizzare e formulare questa definizione.

E a questa domanda che risposta ti sei data e cosa ne è scaturito?

Senza alcun dubbio ho pensato di studiare l’occhio che è dove tutto parte, per vedere come si sviluppa un’immagine. Quando osserviamo un’immagine i raggi che ci arrivano sono “capovolti” rispetto al vero e solo in seguito il nostro cervello le codifica, fornendoci un’esatta descrizione della realtà che ci si presenta davanti. Questo processo ha scatenato in me una domanda tanto semplice quanto mai empirica: cos’è veramente vero se siamo “costruiti geneticamente” per distorcere quello che vediamo per renderlo “dritto” ai nostri occhi? Si dice che la Verità sta negli occhi di chi la osserva, ma perché non viene detto che quando è lì, è il contrario di quello che pensiamo essa sia. Da qui l’idea di ricreare una verità che fosse distorta..

Possiamo allora addentrarci nel concreto del progetto e chiederti come lo hai realizzato.

La ricerca del materiale è stata complessa perché nulla rendeva giustizia al mio pensiero e alla fine ho seguito il mio cuore (un altro organo che stabilisce una sua verità soggettiva) e mi sono orientata verso le stoffe. Attraverso la Sartoria ognuno di noi indossa la verità che più gli aggrada in quel momento, che sia essa autentica o costruita su misura.

Ho deciso di lavorare il viso suddividendolo a metà, da un lato con un make-up non make-up uniformando l’incarnato e nell’altra metà lavorando con dei fili di lana ricreando il viso in modo più stilizzato ma reale, quindi due verità, il viso stesso e quello di lana usando colori che ricordassero le cromie naturali del viso.

Per finire l’Opera ho inserito la parte più concettuale del mio lavoro ossia quella che rimescola e stravolge la definizione stessa di Verità, ho posizionato un centro tavola specchiato dalla forma concava che distorcesse l’immagine creando una verità distorta. A questo punto dove si trova il vero? Sulla ricostruzione simbolica fatta dalla lana? Sul lato make-up non make-up? Sul riflesso rovescio del centro tavola o sull’immagine dritta che ci arriva nel nostro occhio? Chi può dire ciò che è veramente distorto oppure no?

Ci permettiamo di definire il tuo progetto un’analisi profonda. Credi che questo tipo di assegnazione progettuale da parte dell’accademia sia utile per un’allieva?

Il mio modo di vedere il make up è cambiato durante la frequentazione dei corsi di Processo Creativo ed Art & Craft, perché attraverso lo studio di Arte e Moda si va a lavorare con diversi tipi di materiali e textures che portano a rivalutare il make-up con strumenti e materiali diversi.

Pur essendo di natura fondamentalmente autocritica ritengo di aver fatto un buon lavoro e mi auspico che questo sia il livello da cui partire per i miei prossimi progetti.

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